mercoledì 20 febbraio 2013

Just saying this

Seduti attorno ad un tavolo rotondo. Cinque colleghi che devono decidere il da farsi per una presentazione. Guardo la scena, e mi estraneo da me stesso. Mi sposto alle mie spalle, vedo la mia nuca. Osservo la scena dall'alto, da distante.

Gli argomenti, le parole che si scambiano, un gioco di fioretto, una serie di sottintesi per capire senza dire. Vista dal di fuori la scena è terribilmente malinconica. Saltano fuori i caratteri di ognuno: il timido aggressivo, che entra sempre in controtempo, sfasato con l'enfasi e con l'argomento. Si vede che sta cercando di mettersi su di un terreno sicuro. Il mio io seduto al tavolo gli da spago, sa che poi lui ricambierà. C'è quello che si perde nei microscopici dettagli, che continua a schermirsi quando gli chiedi dettagli più di sintesi, che si tira indietro quando gli si da dei compiti. Bisogna portarlo a poco a poco ad accettare le cose.
C'è il volpone, quello che sta chiedendo l'attività, che sai che non ti ha raccontato le cose come stanno, che devi capire. Lo guardi, il suo corpo rivela quando racconta frottole, quando ti nasconde cose. Troppe volte. Devi lavorarci assieme, e sarà una gran fatica.
C'è il bravo esecutore. Quello che ti dice una montagna di cose, apparentemente sensate, per poi tirare delle conclusioni così sballate che lo guardi stupito, come per dire: hai un blackout al cervello? Affermi una cosa e poi la neghi nelle conclusioni?

Li osservo, e improvvisamente mi rendo conto di una cosa... hanno dei tic incredibili. Non li ascolto più: li guardo estasiato nel concerto di comportamenti assurdi. Uno che parte in espressioni e sussulti di falso riso, e capisco che avvengono quando è in tensione. L'altro che assume un'espressione da calcio al plesso solare, e poi comincia a strofinarsi istericamente le mani. Gli altri manco si accorgono, persi nella difesa del loro orticello.

Capisco che posso tirare subito le conclusioni dell'incontro: accetteranno qualunque cosa in questo momento. Ma mi prende una tristezza mortale: possibile che cinque persone adulte, persone che solo dieci anni fa sarebbero state prossime alla pensione o già pensionate, siano costrette a continuare a lavorare in un mondo sempre più stressante, così stressante da ridurli a comportamenti incontrollati così evidenti, che segnalano un malessere sempre più diffuso? Mi chiedo che significato stia assumendo la vita di persone che confinano la propria esistenza in sterili esercizi di bassa strategia, e di alto nervosismo. E quanta di questa energia investita sia poi funzionale ad effettiva produzione di valore, e quanta sia sprecata invece in inutili caroselli di equilibri interni.

Sono sempre più perplesso su questo mondo lavorativo che si ripiega su se stesso. Inutile. Destinato all'estinzione. Troppo spesso specchio fedele della società.


12 commenti:

Lala ha detto...

branchi di gnu come se piovesse

sed ha detto...

mi sono riconosciuta abbastanza in uno dei cinque...

Anonimo ha detto...

Dream a litle dream.Mirka

raffaella ha detto...

Me la vedo la scena...rappresentanti dell'umanità. Siamo così ed è triste.
Raffaella

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@lala: avevo rimosso la cosa! Terribile!!!!! :)

@sed: non certo fra i pensionandi :)

@mirka: But in your dreams whatever they be
Dream a little dream of me :)

@raffaella: anche, ma non solo. Comunque è triste, si..

Bianca2007 ha detto...

The more i read the papers, the less i comprehend the world and all its capers. And how it all will end. Nothing seems to be lasting.But that isn'tour affair ecc ecc.Mirka

Anonimo ha detto...

uh uh cestino che appare...ah ah ah! Giochetti per bimbi scemetti nessepa?...Ciao,Mirka

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@mirka: il cestino è una mania, eh? :D

Gershwin.... :)

Lala ha detto...

non ti ci mettere pure tu con le rimozioni eh! guarda mail :D

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@lala: :)

Fioly ha detto...

decisamente un deja vu.
descrizione bella e drammticamente realista

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@fioly: benarrivata!
Si, è una descrizione che fotografa un istante, ma che contiene in sé la visione di una situazione che ogni giorno di più perde di significato...