martedì 29 gennaio 2013

I giorni della merla

La gatta mi guarda fra lo stranito ed il seccato. Non è l'ora giusta per accendere la luce, di sicuro lei lo pensa, lo si vede dallo sguardo. Mentre sto per mettermi sotto la doccia - si, lo so, la doccia alle quattro e mezza del mattino farà incazzare qualcuno, ma quante volte mi sono incazzato io? - mi fionda fra le gambe, e si rintana nella sua cassetta. Non lo fa mai al mattino, evidentemente è una protesta.

Mi vesto, raccolgo le mie cose e scendo. Silenzio attutito, il manto della nebbia mi avvolge, quasi protettivo. Mi piace la nebbia, in piccole dosi. Mi piace quella sensazione di ovatta, di isolamento che ti regala, pur in mezzo agli altri. Mi piace meno stamane, che ho i minuti contati e l'aereo che mi aspetta. Già, l'aereo... se ce n'è così qui, chissà a Linate.

Salgo in auto, e adatto la mia vista - da lontano ci vedo, eh... - al biancore sotto i fari. Mi rendo conto che non sono così in ritardo, e soprattutto che la nebbia era curiosamente peggio in città che fuori. Mi rilasso, e cerco di godermela.

Accendo la radio, e cerco nella mia chiavetta USB un brano. Eccolo. Un concerto di Bach. Volume non troppo alto, il buio, la luce dei fari che riflette sulle gocce sospese, ed illumina con strani effetti ciò che sta all'interno dell'auto. Mi sembra di navigare, nel tempo e nello spazio, immerso nel manto dei miei pensieri, materializzato all'esterno. Le poche auto in giro sono quasi allontanate da questo vapore freddo, e la musica ed il filo dei miei pensieri fanno il resto.

E dopo poco tempo, la tecnologia mi ha portato nella primavera. Girare con indosso solo la giacca, durante i giorni della merla, è qualcosa che mi fa sorridere.


lunedì 28 gennaio 2013

I-TIGI

E' passata la memoria, con il compleanno di mio padre. I suoi 84 anni, oramai, sono un regalo ad ogni orbita. Mi fa specie questo uomo oramai fragile, con il suo umorismo che non fa ridere nessuno, che tanti anni fa mi incuteva rispetto, poi rabbia adolescenziale, poi competizione, poi delusione per la scoperta che era un uomo e non stava più sul piedistallo dove, in fondo, mi sarebbe piaciuto che potesse restare per una vita.

Il piedistallo che ha sempre ostinatamente cercato, anche ora, volendo sempre mostrarmi che lui è più bravo, fosse anche solo nel far la polenta (facile, non mi riesce...). E mentre da giovane questo mi portava a reagire, a fare la parte del giovane leone che spodesta il vecchio re, ora questo suo comportamento mi fa sorridere con malinconia. A volte li invidio, i miei vecchi, ancora insieme a bisticciare dopo 56 anni. Le stesse cose di ogni giorno, le stesse abitudini, le stesse parole, eppure ancora li.

Torno a casa, e trovo la mia gatta, nel silenzio della musica che riempie la stanza. Ripenso al supermercato, poche ore prima. Ad una voce che conosco, al bancone della salumeria. Un saluto di circostanza, nemmeno un "come va?". E' un mondo difficile, è proprio vero.

E leggo le notizie. La strage di Ustica fu causata da un missile, sentenzia la cassazione nel processo civile. Peccato che in quello penale, pochi anni fa, finì tutto in un nulla di fatto. Anche l'ultimo atto di questa storia, una presa in giro. E ripenso ad allora. Il 1980, quell'estate la. Tutto doveva ancora cominciare. Era il mio primo anno di università, i primi di agosto la bomba a Bologna. Poche settimane prima, I-TIGI finiva in mare. Non si erano ancora recuperate le salme, ricordo, e già il tg parlava di guasto strutturale. Il mio compagno di liceo, che aveva deciso di fare il pilota, giurava che nell'ambiente quell'aereo li avesse una pessima nomea. E i telegiornali di allora cercarono di non spiegare come un MIG libico, tre settimane più tardi, fosse stato fatto ritrovare sulla Sila. Dissero che il pilota era fuggito dalla Libia, ma che era caduto per la fine del carburante. Peccato che il cadavere fosse in decomposizione da settimane, evidentemente si trattava di un abilissimo pilota anche da morto.

I trenta e rotti anni che seguirono furono costellati di ogni genere di operazione di insabbiamento della verità. Vennero recuperati i pezzi dell'aereo, ora esposti in un museo a Bologna, mosaico terribile che anche un bambino capisce essere opera di un'esplosione. I tracciati radar spariti, manomessi, cancellati. Strani suicidi dei militari nei posti chiave della sorveglianza di quella notte. Gli americani che si rifiutano, ancora oggi, di dare i tracciati dei radar della portaerei che incrociava nel golfo di Napoli, e che di sicuro ha visto alzare in volo qualche intercettore visto il casino che c'era quella notte sul Tirreno. I pochi tracciati ritrovati mostrano un attacco da manuale di un caccia in volo supersonico al povero I-TIGI. Caccia che appare sulla Corsica, e che non si capisce dove vada a finire. Due piloti italiani, partono a manetta sui loro F-104, ma arrivano tardi. Anni dopo moriranno insieme in un terribile incidente durante una manifestazione aerea con le frecce tricolori.

Mi capitò di finire in torre di controllo a Linate, una visita. I controllori erano appena stati trasformati da militari a civili, e quindi erano tutti degli ex avieri. Chiacchierando, mi fecero capire senza tante cerimonie che, nel "settore", tutti sapevano. Già. Tutti, ma non chi cercava la verità, visto che fu nascosta, sotterrata, insabbiata.

Cosa c'entrano queste due storie? C'entrano, come c'entra tutta la mia vita. Nell'80 ero un giovane con tanti sogni, tanti desideri, una vita da costruire. Ora mi giro e vedo i miei anni, i venti, i trenta, i quaranta. Ed è come se ora fossi tornato ad allora, a cercare di costruire una vita. Ma non ho lo sguardo stupito di allora, nel vedere ciò che è successo. All'I-TIGI, e a me.




sabato 26 gennaio 2013

Sui fili del telefono, guardando sorgere il sole

"Adesso non ci sono scuse, chi è convinto ci sta, altrimenti se ne vada fuori da questa azienda". Il discorso è duro. "Non siamo contenti di come funzionano le cose, non siamo contenti di voi. Siete troppi" Altro discorso duro. "Vogliamo vedere un cambiamento, altrimenti dovremo prendere provvedimenti".
Cambiamento su cosa? Quali sono gli argomenti del contendere? Mah... 

Surreale questo meeting, che arriva dopo una settimana di volemose bbene, tutti bravi clap clap nessuno ce l'ha lungo come noi. Surreale e stonato. Soprattutto se detto da un VP che si vede lontano un chilometro (ah, il linguaggio del corpo, quanto dice) che ha una voglia pazza di scappare, di essere da un'altra parte.
Surreale perché, di solito, si dice qual'è il problema, e su quello ci si confronta; non si lanciano sassi nascondendo la mano. Surreale perché non si viene a dire, a gioco finito, che non andava bene come giocavi: le azioni correttive si attuano prima, non dopo. Surreale perché le responsabilità sono individuali prima che collettive, e con le persone bisogna discutere.

Surreale è anche ciò che succede dopo. Che debba essere io ad andare a parlare prima con il general manager, per accertarmi che abbia capito una fetta del problema (è un tipo sveglio, ha capito), e poi prendere il mio capo e fargli da psicanalista, birre e gin tonic in mano, farlo parlare, farlo sfogare, confrontarsi, fargli sentire che non è lasciato solo. Si, perché di quello si tratta: una manovra di palazzo per farlo saltare.

E tornando in questa camera lussuosa, pensare a quanto sarebbe bello finalmente liberarsi di tutta questa sovrastruttura. Fare un'attività nella quale rispondi solo a te stesso, e ai tuoi clienti.
Sento che il mio tempo in questa azienda sta per finire. E' ora di alzarsi in volo, e andare da un'altra parte. Come sempre, nel lavoro, nella vita.

giovedì 24 gennaio 2013

Oroscopo metereologico

Nuvole nere sul mare. Basse. Aria umida, quasi calda. Vento forza 3, il mare che respira profondo.
Ti piace il mare d'inverno con questa luce. Sembra un vecchio insegnante burbero, accigliato, però accogliente, in fondo. Ed è questa accoglienza strana che percepisco, nell'aria che sente sempre più di umidità, pur senza quell'odore inconfondibile di scirocco. È indiscutibilmente aria di terra che si è fatta solo una breve passeggiata a mare, per poi scaricare il piovasco a riva.
Piove ora, e l'acqua ed il vento frustano le palme del lungomare. Vorresti uscire in barca. Ora. Subito. La cerata, gli stivali, la pioggia in faccia e giù, sotto i vestiti, calda del tuo corpo, quasi amniotica.

Certification authority. Type certificate. Airworthiness certificate. Configuration control... Tutte queste regole di certificazione aeronautica mi ballano davanti alla vetrata sul mare. Lavoro ed emozioni mi si mischiano innanzi. Faccio il mio intervento, ritorno ad ammirare la depressione che scarica la pioggia. Depressione la chiamano, come se il colore del ciero, livido, evocasse stati d'animo. No, io invece trovo che sia magnifico tutto questo manifestarsi della natura.

Al pomeriggio il team building exercice. Una scusa per rompere la monotonia di una settimana 8-22. Un percorso a piedi, lungo il circuito, coperto da un impermeabile di plastica, la pioggia che mi ammolla sotto.  Respirare l'aria di pioggia di mare, bagnarmi di caldo. Camminare su questi selciati del lusso, stupirsi di quanto sia piccino il circuito e strette le strade sulle quali corrono auto esageratamente veloci. Fare questo percorso in gruppo, parlando con un americano che ha l'aspetto di un nonno, chiedermi se sia giusto alla sua età andare in giro per il mondo a guadagnarsi ancora da vivere. Un mondo sostanzialmente sbagliato, incentrato su valori che senti sempre più falsi.

Poi la cena di gala. Per l'occasione giacca e cravatta. Alla fine parte la musica, la gente va a ballare. E li, dovesse servire, mi rendo conto di essere un alieno. Non è il mio posto quello. Non a ballare. Porto giacche principe di Galles, non ballo, ascolto musica di due secoli fa o tre. Rimango convinto che non sono queste le cose che qualificano una persona, ma mi rendo conto che molti non la pensano come me. Questo mi taglia fuori da tanti, e da tanto. Peccato, per me, e forse anche per altri.
Intanto fuori ha smesso di piovere. L'aria sa di maestrale. E' pure tornata fresca, il fronte freddo è arrivato. Le nubi stanno andando via.

Le mie previsioni del tempo forse son meglio degli oroscopi. Almeno danno più soddisfazione


mercoledì 23 gennaio 2013

Il gioco che non ti piace più

Ed eccoti qua. La salita di Sainte Dévote qui sotto, laggiù le curve delle piscine. Fuori dall'ingresso dell'albergo la piazza del casino e la discesa verso la curva del Mirabeau. Pezzi di epopea delle corse di formula uno. Una camera spaziale. Lusso a profusione.
Quando sei arrivato ti hanno portato via la BMW in garage facendola sparire come se fosse una Panda, tanto faceva cheap paragonata alle Porsche li attorno. Al Buddha Bar c'era un giro di ragazze spaziali, che manco in Montenapoleone durante i giorni della moda.

Certo, le giornate sono 8-22, ti rimane ben poco tempo per te stesso. Stasera sei andato in vita, un assenzio, la prima sigaretta dopo almeno 8 anni. Il sapore del tabacco ancora in bocca, non ne sei più abituato.

Ti sei riletto mille volte alcune pagine, e la vita. Domani ti aspetta una giornata di discussioni con colleghi che parlano di cose che non sanno nemmeno cosa siano. Ma anche questo fa parte del gioco.

Tutto fa parte del gioco. Fa parte del gioco sorridere quando vorresti prendere a mazzate. Fa parte del gioco sorridere quando vorresti prendere te stesso a mazzate. Però talvolta ti chiedi se fare l'eroe sempre e comunque, quello che cerca di fare quello che è giusto, quello che vive senza fingersi, dando tutto se stesso, sia un gioco che puoi reggere ancora per molto.

In fondo hai un'età....


sabato 19 gennaio 2013

Concerto in fa -

Scena prima. Hannah e le sue sorelle. Frederick, arroccato nella sua arte, nella sua intelligenza, ha perso il contatto con la realtà, e soprattutto con la sua convivente che ha una relazione con il cognato. Frederick è ripiegato su sé stesso, non ascolta che sé stesso, la sua pittura. Null'altro gli interessa. Non si rende conto che Lee, la sua compagna, è già andata nelle braccia di Elliot. Nel brano qui sotto c'è il ritorno a casa di Lee, che sta per raccontargli tutto, sta per dirgli che lo lascia, mentre lui parla di cazzate pseudointellettuali. Una scena così carica di tensione, e sotto, sommesso, quasi inudibile, il largo del concerto in fa minore. Una stonatura incredibile con la tensione della scena, quasi volesse rappresentare l'ineluttabilità della sequenza degli avvenimenti.

Scena seconda. Un mezzogiorno di domenica, fine d'estate. Un viale ancora carico di foglie verdi, il sole non più feroce ma corroborante, serio. Un compleanno festeggiato e uno da festeggiare. La radio suona il concerto in fa minore. Lui sorride, gli occhi hanno dentro i suoi, e i cuori. Lui vede cose, vede futuro, corre. Non si corre nei viali, lo sa, ma non sa fare altrimenti. Corre sempre anche nella vita. Lui vede, e non vede. L'adagio suonato da Gould gli scende dentro, acciaio fuso. Lo corrobora, lo infiamma, lo solidifica.
Lui non si avvede che gli dei sorridono, ma che sono capricciosi. Dovrebbe ascoltare la pacatezza che gli suggerisce la musica


Scena terza. Un pomeriggio di sabato d'inverno, il nevischio che scende. Ancora il concerto in fa minore. Ascolto un'esecuzione non impeccabile, il pedale troppo usato, le note appannate. Bahrami non è in forma. Bach si, il suo adagio riesce ancora a darmi emozione. Oramai non mi vergogno più. Ho imparato prima questo di altre cose, le emozioni vanno vissute, senza protezione, anche se poi fa male. Rivedo le scene del film, mi vedo nel film. Sono forse ancora imprigionato nella mia torre, sono sempre troppo impulsivo. Ma amo alla follia questo brano. Amo alla follia questa vita. Desidero sentire quella voce, sempre, che canta con me. Trovarne il punto di unione con l'adagio. Son convinto che ci sia. Mi evolvo per trovarlo.


giovedì 17 gennaio 2013

Sera d'inverno

Frenetica la danza delle dita sullo schermo dell'iPhone. Prendere biglietto. Correre. Desiderare.
Preso. Che importa se pochi possono comprendere quello che tu sentirai? Hai lasciato dietro di te tanto nella tua vita, non sarà questa tua peculiarità che farà la differenza. Anzi. Ti ritrovi nel tuo io.
Quasi la pesantezza della riunione fiume svanisce davanti a ciò che sai ti aspetta. E sembra che la giornata pieghi inspiegabilmente al bello.

Sera. Ti infili nella cerchia dei navigli. Porta Cicca. San Gottardo. Auditorium. Il parcheggio che conosci, con prezzi nemmeno da rapina per essere in semicentro. Toast. Birretta. Caffè. Sorriso. Foyer. Biglietto che non c'è, te lo ristampano. Posto in balconata, appeso fra il soffitto e le scollature delle orchestrali. Pensi al caldo, musicale profumo di quei seni, e ti rattristi.
Rilling entra, carico di anni e di scoliosi. Ti è simpatico, ti piacerebbe berci una birra assieme. Lo sai bene.

Selig sind, die da Leid tragen,
denn sie sollen getröstet werden.


Beati gli afflitti perché saranno consolati. I passi del Requiem di Brahms cominciano, insinuanti, in un canto quasi antico, che risuona a tratti di cattedrali gotiche, ma ritmati dall'incedere dei timpani che annunciano le emozioni che seguiranno. Il respiro si sintonizza, il canto ti entra dentro. La tensione del brano che si scioglie nel tema contrapposto, consolatorio, "Sie gehen hin und weinen und tragen edlen Samen, und kommen mit Freuden und bringen ihre Garben", parte piangendo che porta con sé il seme, ma torna con giubilo recando con sé i covoni. E io piango con chi parte, la dolce tristezza del lutto




Denn alles Fleisch ist wie Gras
und alle Herrlichkeit des Menschen
wie des Grases Blumen.
Das Gras ist verdorret
und die Blume abgefallen.

Perché la carne è come l'erba, e ogni suo splendore è come il fiore di campo. L'erba inaridisce ed i fiori appassiscono. Camminano forti ora i timpani, e ti accompagnano nel crescendo che non finisce mai, nel turbine caleidoscopico delle voci che ti urlano dentro, ti fanno salire e scendere da vette di emozione, per portarti all'esplosione del primo fugato del coro, che ti ispira la visione dell'eterna rincorsa. Non della morte, ma della vita, dei suoi frutti, delle sue bellezze.




Il concerto scorre, le emozioni costruiscono via via la salita al passaggio chiave dell'opera, dove si prepara l'esplosione della grande fuga


Tod, wo ist dein Stachel?
Hölle, wo ist dein Sieg?

Morte, dov'è la tua falce, dov'è la tua vittoria? Dov'è la vittoria delle avversità della vita? Le assenze, le persone che ti mancano, il dolore lancinante, dov'è? Nell'urlo disperato, consolatorio che tramite la bellezza accecante della musica ti porta in una dimensione diversa, dove tutto è possibile, dove non esiste passato o futuro, ma tutto rotea nell'infinità della musica





No, non è finita. Esco dall'auditorium, gli occhi che tirano per le lacrime ricacciate, per l'evocazione di tutti i lutti, gli amori, i dolori, le gioie di una vita. E in auto, la Pavane di Ravel se ne esce dalla radio.





La dolcezza finale, una carezza per una sera d'inverno che manca dei profumi che la musica suggerisce.....

martedì 15 gennaio 2013

Spettatore

Sul corriere di oggi si trova questo articolo che parla di un esperimento effettuato in doppio cieco in due differenti laboratori, che ha portato, parrebbe, al medesimo risultato.

L'esperimento, per quello che si capisce da un articolo abbastanza criptico, indaga sulla possibilità di attraversare l'asintoto noto come temperatura dello zero assoluto, corrispondente a -273,15 °C

Lo zero assoluto è una temperatura limite, asintotica appunto, che non si può raggiungere perché la materia, a quella temperatura, sarebbe in uno stato che impedirebbe la sua esistenza, con un dualismo matematico/fisico che da un lato implicherebbe il collasso delle strutture atomiche, dall'altro l'esplosione della funzione d'onda di Dirac associata alle particelle subatomiche. Inoltre, l'interpretazione meccanicista dello zero assoluto implica che al di sotto di questa soglia l'energia cinetica associata alle particelle atomiche sia negativa (il che implicherebbe che il quadrato del valore della velocità sia negativo, ossia che il valore della velocità sia espresso da un numero immaginario), concetto che fisicamente non ha senso, almeno nell'ambito della meccanica classica.

Fra i paradossi della meccanica quantistica, c'è la possibilità dei cosiddetti "effetti tunnel" che consentono, attraverso le singolarità delle funzioni d'onda associate, i "salti" di barriera energetica alle particelle senza che queste posseggano l'energia necessaria per valicare la soglia. Il caso dello zero assoluto è singolare, perché si tratta di una barriera che non fa da crinale fra due stati possibili energetici, ma fra uno stato possibile ed uno avente interpretazione fisica innovativa, per non dire dubbia.

Ora, non conosco i dettagli dell'esperimento, che sicuramente avrà anni di interpretazioni dei suoi risultati. Quello che mi affascina è la possibilità dell'apertura ad un nuovo mondo della fisica, quello dell'energia negativa, che può portare a risultati sorprendenti nella speculazione sui fenomeni della materia, ancora inspiegabili e addirittura soggetti a scetticismo.

Sarebbe bello, fra una ventina d'anni, ripensare ad oggi come giorno nel quale si sono aperte nuove porte del sapere. Ricordare che, in una grigia giornata d'inverno con la neve che voleva scendere, il cuore a mollo e il coltello fra i denti al lavoro, la conoscenza scientifica dell'uomo valicava un'altro cancello. E io c'ero a fare da spettatore ammirato...


lunedì 14 gennaio 2013

Musica ed emozione

Ho passato una vita a storcere il naso sulla lirica. Mi appariva come musica di serie B, nulla a che vedere con la Musica, quella vera, a cui ero abituato.
Poi, invecchiando, ho cominciato a capire. Ho capito che l'opera va vista, non ascoltata. E' teatro e musica, viva e da vivere. Anche i testi, spesso molto zoppicanti, vanno interpretati, capiti, intesi nella loro semplice poetica. E allora ti si svela un mondo, che è quello delle emozioni eterne, evocate da una frase, da un acuto, da un passaggio che ti fa guardare oltre alla semplicità del testo, e ti immerge in quel pathos che fa parte della realtà umana: quella dell'emozione forte, violenta, di amore o di dolore.

E ora, quando ci sono momenti in cui mi manca la terra sotto i piedi, mi piace rivolgermi anche a questa musica, sentirne la genuina forza, farmela scorrere addosso e commuovermi.




E poi tornare all'altra musica, ma sempre quella piena di emozione, quella che ti strappa l'anima. Quella che vorrei saper suonare, che mi farebbe uscire tutto quello che ho dentro, e anche Tchaikovsky è stato un ritorno dell'età.... ma quel tema buttato subito lì, splendido e cavadolore, sembra fatto apposta per metterti di fronte alla tua capacità di saperti lasciare andare. E serve....


domenica 13 gennaio 2013

Andare a scogli

Stava naufragando la Concordia, ed io ero ad un aperitivo. Uno spritz di conoscenza, le patatine posse, la tensione data non da questo incontro, ma dal calcolo renale che stava dando il meglio di sé.
Incontrare una persona e star male fisicamente è molto frustrante: chi non ti conosce pensa che tu stia sulle tue, che te la tiri, qualunque cosa di sgradevole. E invece tu sei li che non sai come star seduto, che ti dimeni come ben sanno i medici che hanno studiato la semeiotica. Sembri posseduto da un nervosismo senza ragione, e senti che vorresti essere altrove.
Mi ero preso le mie precauzioni: da giorni il calcolo si faceva sentire, e giravo con le pastiglie in tasca. Ma quella sera facevano come l'acqua fresca.

La Concordia, dicevo. Andata a scogli con la stupidità che quasi sempre provoca i gravi errori. Non lo sapevo ancora, nonostante avessi sentito qualcosa alla radio in auto. Ascoltavo le mie sensazioni, sentivo la disillusione che popolava le mie giornate dello scorso anno. Effettivamente gli inizi anno non sono mai stati il mio forte, ecco. La Concordia a scogli ancora non l'avevo messa a fuoco, quella sera. A fuoco invece c'era il dolore da colica che saliva, nel traffico del rientro, e che mi impediva di concentrarmi nell'aperitivo. A fuoco c'era il lavoro che avevo cominciato a fare presso un possibile cliente di Firenze, finalmente qualcosa di bello da fare, che dava soddisfazione.

Saltavo sul sedile dell'auto. Non vedevo l'ora di arrivare a casa. Buttarmi sul letto. Coprirmi al caldo, stare alla luce tenue dell'abat-jour che dovrebbe aiutarmi a tranquillizzarmi. Nulla. Devo per forza chiedere aiuto. Chiamo la mia ex, le chiedo di farmi qualcosa. Sento che avrebbe preferito una visita di equitalia, ma dopo un quarto d'ora si presenza. Sgarbata, mi fa un'iniezione, vede la tv spenta e mi dice: metti su rainews. Accendo, e si vede la nave agonizzante, sdraiata come me in quel momento. Dolorante.

Un anno è passato. La Concordia è sempre lì. Il cliente di Firenze ha comprato dalla concorrenza. Il mio mare ha visto sole e tempeste. La testa mi duole, ma non più i reni.
Sono andato a scogli. Ogni volta ho riparato la barca da solo. Ma non rinuncio a navigare: da qualche parte c'è il mare adatto a me, lo so.


martedì 8 gennaio 2013

Visioni

La sabbia bianca. Le palme si dondolano, pigre, nella brezza. Il silenzio ritmico dell'onda che si spegne sulla riva, dopo essersi sfogata sul rombo della barriera, laggiù.

Il sole rotea sulla pelle calda. Il tempo corre lento, ritmato dal respiro, dai pensieri, dalle pagine del libro di carta.

De Alto Cedro voy para Macané
Luego a Cueto voy para Mayarí


E' il tempo che rallenta, il caldo che entra nelle ossa, l'azzurro sfacciato del cielo ed il bianco accecante del mare

Se me sale la babita
Yo no lo puedo evitar


Il profilo del suo corpo. Disteso davanti al mare. Il caldo. Il tempo che non c'è più, nel sole che ruota. La malinconia di un tempo irreale, nell'afa circolare del caribe.

Limpia el camino de pajas
Que yo me quiero sentar