giovedì 30 giugno 2011

Profumi di nuovo

A volte emozione è rientrare dopo un'ora e scoprire che il bianco scintillante della libreria con i vetri all'inglese si staglia sull'arancio intenso della parete. Come l'avevo ideata.

Assolutamente dissonante con il casino da terremoto che impera nella stanza gemella, dove una parete di scatoloni occlude la vista di quella vera. Per non parlare della cucina, vero campo di battaglia. Eppure, davanti alla finestra della camera da letto, fiorisce svergognato l'oleandro che mi ricorda il giardino che fu.

Ma qualcosa mi dice che questa casa non cercata, obbligata, l'ho vestita su di me. Non saprà sostituire l'altra, ma non mi farà sentire così alieno.

Arancio. Per far stare a proprio agio l'anima mia e di chi indossa sorridendo questo colore. Aspetto di vedere l'inverno, la luce abbassata e lo sherry nel bicchiere per convincermi di aver indovinato

venerdì 24 giugno 2011

Scientifica indeterminazione

Spesso mi fermo a riflettere su di un punto: la nostra cultura odierna è, in un certo senso, figlia del principio di indeterminazione di Heisemberg. Magari non figlia, ma imparentata si.
Questo principio fisico descrive compiutamente la fine del determinismo, scientifico prima di tutto, ma pure di quello filosofico. E' il passaggio dalla consapevolezza di poter conoscere tutto a quella che questo tutto rimarrà un quadro sfumato, in parte distorto, con zone grigie o indeterminate.

La cultura del novecento è così. E' il duro apprendere che bisogna accontentarsi di conoscere per approssimazione, per impressione, e magicamente si avrà, sui grandi numeri, una visione consistente della realtà. Una gnosologia probabilistica, insomma. Il principio scientifico che, in campo artistico, gli impressionisti, i puntinisti, e i pittori a cavallo della fine dell'800 avevano intuito e applicato nella loro arte. Quando ti avvicini ad un Monet perdi completamente la definizione del contorno, del colore, del profilo. Allontanandoti l'immagine ritorna ad essere chiara e presente.


Quanto questo principio sia valido nei rapporti umani, è da capire. Probabilmente scendendo nel dettaglio del comportamento, del sentire di una persona, si perdono di vista i contorni, le incastellature, i componenti dell'animo. Voler scendere all'intimo dettaglio è forse inutile per capire. Forse è meglio l'analisi impressionista, quella che arriva alla verità attraverso l'impressione, l'intuizione, senza una pretesa scientifica di razionalità.

Sciamanesimo scientifico.


martedì 21 giugno 2011

Sensazioni sbagliate

Stavo guidando verso casa, la radio sintonizzata su Rai3, per sfuggire ad un'intervista impossibile su di un altro canale. Una musica sconosciuta. Comincia l'analisi, pezzettino per pezzettino. Tema maschile, tema femminile, struttura sonata, è un primo movimento da concerto. Si, ma è strano il solista. Si si, sembra, è un fagotto. Un concerto per fagotto. Mozart, è chiarissimo, come se ci fosse la firma. Non ricordavo che Mozart avesse scritto un concerto per fagotto.

Bello però. Interessante. Curioso questo passaggio. Oddio, che colpo di genio questo inserimento di un quasi tema che non c'entra nulla con la struttura. Certo che Mozart è Mozart.....

Mi fermo in garage. Voglio sentire di cosa si tratta.

Cazzo, non è Mozart!!!!! Non ci posso credere! Eppure le sensazioni erano quelle.....

Quante volte ci si fida troppo delle sensazioni? E quante volte invece queste vedono più lontano della razionalità?



sabato 18 giugno 2011

Dimmi che mestiere fai

"Allora, figliolo, alla fine, che mestiere fai?"
Avevo il senso della vertigine di fronte a quella domanda. Mia nonna aveva visto Venezia una sola volta nella vita, prima del ventennio, e poi non era mai più uscita dal perimetro della campagna del mio paese. Mi sarebbe piaciuto rispondere schietto, sicuro, fermo, con uno di quei mestieri certi, chiari "faccio l'idraulico, nonna" oppure "lavoro in banca" (si, mio cugino lo poteva dire, e forse per questo lei lo rispettava), "commercio frutta" o anche "faccio il sarto". No, dovevo spiegarle che facevo il consulente applicativo di processo nell'ambito dell'industria della difesa settore aviazione. Manco io sapevo che cazzo volesse dire, figurati mia nonna.

Vedevo la sua perplessità salire, mentre cominciavo a spiegarle l'inspiegabile "nonna, non hai mai sentito in televisione parlare dei computer? Ecco, vedi, in un certo senso io lavoro con quegli oggetti li. Li faccio funzionare, e aiuto chi li deve usare".
"Senti, non ho capito. Ma dimmi solo una cosa: è un mestiere onesto?"

"Nonna, qui di onesto non c'è nemmeno l'ombra" pensavo. Quanto erano semplici le categorie per mia nonna. Non c'era bisogno di tanti giri di parole, tante ampollosità. E' onesto? Domanda semplice, squadrata.

Mia nonna non ha mai capito che mestiere facessi. Se ne è fatta una ragione, per le sue categorie ero a posto. E a chi le chiedeva che cosa facessi, rispondeva che lavoravo con quelle cose moderne che si vedono alla televisione. E non intendeva le olgettine.

venerdì 17 giugno 2011

Riflessioni attorno ad una casa piena che si svuota, e ad una vuota che si riempirà

E' incredibile come una casa svuotata di molti dei suoi mobili diventi improvvisamente poco seducente.

Quasi dissonante.

Oggi guardando il giardino dal balcone di quella che sarà la mia nuova abitazione, dove trascorrere le giornate d'inverno con il gatto, quasi quasi mi sentivo a casa.

Forse è vero: ho l'animo dell'Ulisse. Sono destinato ad andare avanti da solo. Va bene così.


venerdì 10 giugno 2011

Traslochi

Nella mia vita ho fatto parecchi traslochi. Diciamo che sono cresciuto nell'incubo dei traslochi, fin da quando, bimbo, sentivo le lamentele di mia madre che si preoccupava dell'imminente cambiamento di residenza.

Spesso il trasloco coincide con una svolta nella vita. Nacqui un mese dopo il trasloco dei miei, quasi come fossi una suppellettile uscita dagli scatoloni (quante cose fanno capolino in questo modo dopo un trasloco!). Il mio primo coincise con la fine del mondo mitologico prescolastico, come se il mio ingresso alle elementari dovesse essere sottolineato da un totale mutamento delle condizioni ambientali, dalla brianza alle valli, dalle chiuse leonardesche alle incisioni preistoriche.
Il secondo fu traumatico: in piena adolescenza - inserito in un ambiente sociale che, nel bene o nel male mi apparteneva, dove avevo le mie amicizie forti, le attrazioni potenti per le ragazze che conoscevo fin dalle elementari - venni scaraventato in una situazione completamente diversa, molto più evoluta e articolata di quella da cui provenivo. Un marker importante, indelebile, che mi insegnò ad affrontare le difficoltà della vita con forza, a non farmi sopraffare.
Il terzo coincise con il matrimonio, e fu un quasi trasloco, in quanto portai con me pezzi di vita come i miei libri, il mio pianoforte, la mia musica. Il quarto seguì subito dopo, doveva indicare l'assestamento che non ci fu mai, l'attesa per un consolidamento che non venne.
Il quinto aprì il periodo delle perplessità. Non cercato, coincidente con un enorme rischio economico, si risolse nel periodo più bello della mia vita: il piacere di aver fatto qualcosa, di godere finalmente di un po' di tranquillità, pur nella presa di coscienza che la mia vita era incompleta, insoddisfacente.

Oggi sono alle prese di nuovo con gli scatoloni. Una casa da impacchettare, una riduzione degli spazi, delle cose, della vita. La fine di un percorso di vita insieme, la riscoperta della solitudine, abitare una casa piena solo di me stesso, dei miei pensieri, quasi come fosse una barca nel mare. Ancora una volta un trasloco è un momento di rottura, di passaggio, di cambiamento.

Eppure i cartoni più difficili da riempire sono quelli che contengono i ricordi e i sentimenti. Saranno difficili da chiudere, forse non si chiuderanno mai. E sarà difficile girarsi a chiudere la porta di questa casa che, a dispetto dei rogiti, rimarrà sempre mia.

domenica 5 giugno 2011

Il largo

C'è un aspetto particolare nel guardare la linea di costa dal largo: tu, su di un guscio, serenamente affidato alla tua perizia e alla magnanimità del caso, sei consapevolmente staccato da tutto. E lo capisci perfettamente osservando quei piccoli profili laggiù, che ti parlano delle nostre attività quotidiane, del fare, del vivere, del lavorare, dell'incazzarsi e del gioire. Di orgasmi e di pianti, di cure e di distacchi.

Li in mezzo al mare tutto questo è sospeso. Attraversi un tempo irreale, fatto di vento e di sciacquio dell'onda sulla carena. Ascolto il solcare: l'onda passa sotto di me, con il leggero friggere che fa l'acqua gassata quando la versi nel bicchiere: la bianca spuma altro non è che aria intrappolata che scappa, e quello scccccc che si sente è lei che vuol fuggire, tornarsene da dove è venuta.

La ascolto e mi chiedo se voglio tornare anch'io da dove sono venuto. Quel vento, quel silenzo ritmico che solo la vela ti sa regalare mi è congegnale, anche ora che il fisico continua a mandarmi messaggi di avvertimento riguardanti le mie condizioni. E' questa una fuga, un nascondere la testa sotto la sabbia? Una droga non chimica, ma con effetti alienanti analoghi?

Ma tutto sommato, non sarebbe meglio godersi l'uscita in barca senza perdersi in questi pensieri? Sorrido alle nubi temporalesche laggiù, sulla terra. Mi ricordano cosa mi aspetta.

venerdì 3 giugno 2011

L'origine del mondo

Oggi sono andato al Mart, a vedere la mostra del musée d'Orsay. Fra i bellissimi quadri esposti, uno attirava l'attenzione dei presenti: l'origine del mondo.

Quadro famosissimo, dalla storia tormentata a causa della rappresentazione iperrealistica della modella, sdraiata, il viso coperto, un seno turgido con il capezzolo erto, ed il sesso in primo piano. Ancor oggi un quadro che scandalizza, che lavora nelle nostre convenzioni imbarazzandoci e non consentendoci di leggere serenamente il messaggio di naturalità che lo pervade. L'origine del mondo, tutto origina attraverso il sesso, per tramite suo siamo al mondo, e sempre per tramite suo tramanderemo, forse, i nostri geni. Eppure ci turbiamo, sorridiamo impacciati, ce ne andiamo.

La donna ha il volto coperto, o meglio, non ha il volto. Non è una donna, è la donna. E non è la donna in quanto persona, ma la donna in quanto parte attiva nell'infinito meccanismo della continuazione della specie. Non però vista come riproduttrice, no. E' partecipe giocosa, desiderosa (quel seno simbolo di piacere fisico), non sottomessa. E' il centro della vita, motore dell'esistenza.

La signora che mi accompagnava in questa visita, benchè di vasta e duttile cultura, vi vedeva un insulto alla realtà femminile, la donna vista come fattrice. Io credo, invece, che sia ben altro: secondo me è la dicharazione programmatica che uomo e donna sono persone - e in questo la loro dignità è paritetica e preservata - ma la donna può e sa essere contemporaneamente materiale ed eterea, fisica e proiettata nel tempo.

Sesso ed eternità. Ora e sempre



Però, Courbet, la volta prossima, per favore, depilata, o almeno curata! Così non si può vedere :)

mercoledì 1 giugno 2011

Metafore in cucina

Emulsione impazzita di olio in acqua
stabilizzata con proteine animali
insaporita da acido citrico.

Maionese.

Vita.