domenica 30 dicembre 2012

Un ricordo

Ricordo questa donna minuscola, vestita di abiti che manco nell'ottocento, tutta pizzi e merletti. I capelli cotonatissimi, con riflessi che a me parevano violacei. Non poteva pesare più di quaranta chili, non arrivava al metro e cinquanta con i tacchi. Era li, sola, davanti al nastro bagagli di Linate. Aspettava la valigia, come io la mia.

Era identica alle sue foto sui giornali. Aveva ricevuto il nobel pochi anni prima, era uno dei vanti dell'ingegno italiano, anche se la fetta grossa della sua ricerca l'aveva fatta all'estero.
Mi guardai attorno, per capire se avesse con sé un assistente, un segretario, una badante, qualcuno. Nessuno. Giravano le valige sul nastro. Ad un certo punto la vidi partire decisa verso un baule di dimensioni sconsiderate. A occhio la valigia pesava molto più di lei. Mi precipitai - professoressa, permette, faccio io. E' questa la sua, vero? - si, la ringrazio molto, ben gentile!

Tirai giù dal nastro il suo bagaglio, e lo cacciai sul suo carrello. "La ringrazio, giovanotto" "si figuri, professoressa, mi permetta di stringerle la mano. Non capita tutti i giorni di incontrare un premio Nobel".
La donnina si schernì, mi diede la mano e mi guardo dello sguardo tipico di chi ci vede pochissimo. Pochi secondi, poi prese il suo carrello con l'orrendo bagaglio e fece per partire. "Vuole che la aiuti?" "No, no, giovanotto. Ho solo 84 anni, me la cavo benissimo da sola!" rise, alzò le braccia per prendere il manubrio del carrello, e si avviò all'uscita. Presi la mia valigia e la seguii, per assicurarmi che agli arrivi ci fosse qualcuno ad aspettarla.

Così ricordo Rita Levi Montalcini


giovedì 27 dicembre 2012

Lo schiacciapatate

Mi dispiace. E' una delle frasi che mi fa andare più in bestia, sia quando la pronuncio io, sia quando sono gli altri a farlo. E' la rassegnazione di fronte a qualcosa che non si può cambiare, ma spesso è la rinuncia a fare ciò che bisognerebbe fare, per apatia, per malavoglia o per paura.

Se ti dispiace, fai qualcosa, cazzo. Me lo ripeto sempre ogni volta che queste due parole mi spuntano sulle labbra. Dire che ti dispiace e poi non far nulla, non dir nulla, è pilatesco. Se non sai che fare, chiedi se puoi fare qualcosa. Se sai cosa fare, fallo, anche se costa fatica. Altrimenti non dir nulla. E' meglio.

Mi dispiace. Ho fatto i passatelli, e quando son stato per passarli nello schiacciapatate ho scoperto che nella divisione delle cose è rimasto alla mia ex. Avevo voglia di passatelli, ho voglia di passatelli. Mi dispiace. Ho preso e son tornato al supermercato. Non l'avevano. Mi dispiace. Sono andato al negozio di casalinghi. Chiuso. Mi dispiace. Son tornato a casa. Ho avvolto l'impasto in un canovaccio e l'ho messo in frigo. Mi dispiace. No, ora non è momento da mi dispiace. E' momento da fanculo a me, che non ho guardato se avevo tutto ciò che serviva. E' momento di fanculo a tutti i mi dispiace senza costrutto.

Con il passatello si rimedia facile. Altre cose, forse, non si rimediano più. Infatti, nei baci Perugina, c'è scritto: amore vuol dire non dover mai dire mi dispiace. E se lo dicono loro....

lunedì 24 dicembre 2012

Alitalia e l'assurdo

Era l'agosto del 2008, e scrissi, nel blog della mia amica ilprimopasso, questo post a conclusione di una piccola serie dedicata alla vicenda Alitalia.

Non credo di avere facoltà divinatorie, e non sono né un economista di professione, né un giornalista di carta stampata, di quelli che sanno fare il loro mestiere e non sono servi di qualcuno. Semplicemente guardo i fatti, e ragiono. Bene, di quel mio scritto di 4 anni fa non c'è una previsione che non si sia avverata. Oggi Alitalia è nuovamente sull'orlo del fallimento, nonostante il protezionismo, nonostante che i debiti della pregressa siano rimasti tutti sul gobbone degli italiani (e non siano stati pagati... tant'è che ci sono inchieste della magistratura al riguardo, dopo che il commissario governativo è stato frettolosamente licenziato per essere sostituito con tre specchiate persone che ne hanno combinato peggio di Bertoldo in Francia), nonostante il doppio degli esuberi previsti dal piano Prodi affossato da Berlusconi, nonostante che dalla cessione della parte buona di Alitalia lo stato non abbia incassato quasi nulla ma si sia preso in carico tutti i debiti.....

Insomma, il salvataggio Alitalia, sponsorizzato da Berlusconi (uno dei cardini su cui costruì la campagna elettorale scorsa, meglio ricordarselo no?) si è rilevato un buco da più di 4 miliardi per lo stato, e il risultato finale sarà che Air France si prenderà ciò che rimane con poche centinaia di milioni (peraltro da pagare ai "capitani coraggiosi", mica allo stato).

Quando sento la nuova campagna elettorale dell'ex premier (quello che ospitava con un teatrino da circo equestre il colonnello Gheddafi, con contorno di sgallettate a far la comparsata, ricordiamocelo...) non posso non pensare che Alitalia è un altro baratro, peggio del ponte di Messina (a proposito, dovremo dare all'Impregilo una mancetta da 500-600 milioni per non farlo... anche questo un regalo di mr B.). Insomma, mentre lo sento vantare cose buone da lui fatte - vere o false che siano - non posso non mettermi a contare i soldi buttati a botte di miliardi grazie alle sue scelte scriteriate.

Un appello a tutti coloro che votano a destra: per favore, ricordatevene. Ci deve essere un'altra destra possibile. Non rivotate questo incapace presuntuoso e furbetto. Una volta si diceva che questo era pregiudizio (invece era capacità di leggere), oggi si tratta solo di lettura dei fatti.

domenica 23 dicembre 2012

Regali di natale

Ecco fatto, i pacchi sono al loro posto, sotto l'albero. I regali per le nipoti, per i miei vecchi, per mia sorella. Per gli amici.

Dispongo tutto sotto l'albero, un po' tristolino. Mi ricorda gli ultimi natali, non precisamente stupendi. Eppure fare l'albero è quasi un dovere che mi impongo. Non è per far contenti figli che non ho, non è per addobbare la casa. E', in fondo, per darmi da solo il calore di queste feste.

Ma non ce n'è bisogno. Presenze discrete, attente, mi fanno sentire che c'è chi pensa a me. Ogni persona con la propria personalità, con la propria sicurezza, con il proprio modo di esserci. Nel silenzio del mio appartamento, accendo una candela per rappresentare tutti questi affetti.

E alla luce della fiamma, scorgo sotto l'albero un pacchetto che non ho messo io. Lo aggiungerò agli altri. Quelli dei giorni, dei mesi, degli anni della mia vita.


venerdì 21 dicembre 2012

Extraterrestre, portami via

Una delle cose più noiose dell'invecchiare è che riconosci i pattern comportamentali. Impari a capire dal linguaggio del corpo, della voce, delle pause. Impari dalle cose dette, e dalle omissioni. Dalle dimenticanze e dalle sottolineature.

E una volta che hai imparato, riconosci. All'inizio questa capacità predittiva ti inorgogliva, ti stupivi di te stesso. Poi, con cinismo, ti sei reso conto che siamo tutti molto meno speciali di quello che crediamo, che seguiamo schemi usuali, salvo rarissime eccezioni, e che quindi, con un minimo di attenzione, siamo prevedibili.

A questo punto all'orgoglio si sostituisce la noia. La noia che subentra quando conosci la battuta seguente, quando sai come si svolge la trama. Quando puoi anticipare tempi, frasi, comportamenti, come se la sceneggiatura l'avessi scritta tu, e la stessero recitando per te.

Cerchi di convincere te stesso che il mondo può essere diverso dalle tue previsioni. Ti ci attacchi a questa idea, non tanto per augurare a te stesso qualcosa di diverso, ma per vedere qualcosa di nuovo, di originale, di sorprendente. Non ci credi, ma ti piacerebbe, così come sarebbe bello che esistessero gli extraterrestri anche se credi che non sarebbe mai possibile incontrarli.

Ecco, vorrei potermi stupire, sorprendermi. Un bel colpo di scena, il mondo che ti si ribalta fra le mani, le chiavi di lettura da ricostruire. L'extraterrestre che ti porta via.


martedì 11 dicembre 2012

Note di cristallo

Freddo, tosse, naso chiuso. Ma dopo una giornata pesante, l'idea di ciò che mi aspettava mi rendeva felice. Scesi dal metrò una fermata prima, in Cordusio, per godermi con tranquillità la serata. Invece di andare dritto alla meta, presi via Broletto, mi fermai come un bambino a rimirare la vetrina della biblioteca del mare, il suo pavimento di legno che scricchiola, i magnifici libri ed oggetti marini in vendita. Mi ripromisi di farci un giro, molto presto.
Scelsi un bar per un panino. Una telefonata con un ex collega, due sms, una birretta per accompagnare un panino troppo pasticciato, ma veramente gustoso. E poi una veloce camminata nelle viuzze, via Filodrammatici, piazzetta Cuccia, il porticato del teatro. Ritirai il biglietto.

Con studiata lentezza mi gustai lo spostamento in piazza, ed entrai alla Scala. Mancava ancora molto all'inizio dello spettacolo, ma volevo godermi con calma la sala, dalla mia poltrona di platea, praticamente sotto il pianoforte. Gli spettatori arrivarono con la solita lentezza, e con abiti da gran sera. L'appuntamento, per me, era gustoso: da tempo ambivo ascoltare questo pianista, del cui Bach si parla un gran bene, e il programma della serata sembrava fatto apposta. Per questo avevo gioito di quel posto così prezioso, nel punto migliore per la sonorità alquanto discutibile della Scala.
L'accordatore del teatro armeggiava attorno allo Steinway, usando solamente il suo orecchio assoluto. Mi accorsi con stupore che riuscivo ancora a sentire le piccole devianze di accordatura, nonostante che il mio udito non sia più quello di ragazzo, quando mi facevo l'accordatura da solo.

E infine arrivò Ramin Bahrami. Infagottato nel frac da concerto, che fungeva da caricatura sul suo fisico brevilineo. Si sedette, e cominciò a stupirmi. Ottima tecnica, ma finalmente una capacità di espressione contrappuntistica cristallina, come non mi era mai capitato dal vivo in concerto. Il suo Bach era veramente splendido, note come perle, etichettate ed allineate con cura ed arte, richiami fra i temi e i ritmi, un uso moderatissimo del pedale, solo per dar volume e non per legare, evitando così l'effetto "panforte" che uccide la maggior parte delle interpretazioni bachiane che ho sentito finora dal vivo.

Bahrami non si fermava mai. Ad ogni fine brano le braccia lo trascinavano in alto, lui piccolo uomo dal lungo naso iraniano. In piedi, accanto al pianoforte, a ringraziare gli applausi di una Scala prima fredda, poi via via più convinta. La suite inglese interpretata con abilità ed intelligenza, a chiudere una prima parte troppo affaticante anche per un folletto come lui.
Breve intervallo, e poi una corta seconda parte con il concerto italiano, forse troppo marcato nella ritmica, ma con le note meravigliosamente sgranate come chicchi di melagrana.

La sera, dopo, non sembrava così fredda.


venerdì 7 dicembre 2012

Addormentarsi

La pista è corta, e in fondo c'è il Vesuvio. Per questo i motori sono spinti inusitatamente, e la salita è più vicina al rateo di salita ripida piuttosto che a quello di rapida. Il rumore dell'attuatore che ritrae gli ipersostentatori, mentre l'aereo si infila nelle nubi che stazionano sulla città.
Faccio appena a tempo a cogliere la magnificenza di un convento sterminato (munastero e santa Chiara? mah...) annegato in un brano della città che avvolge un'altura, e la bambagia della nebbia avvolge l'aereo.
Vedo la pioggia sferzare l'ala, l'acqua finire nella ventola del compressore. Faccio un rapido calcolo, dovremmo trovarci a zero gradi, anche un po' meno, con tutta quell'umidità lì.. pericolo di formazione di ghiaccio. Osservo il bordo d'attacco, che effettivamente si sta velando. L'aereo cambia assetto, il ghiaccio svanisce velocemente. Anche il velo sulla carenatura della presa d'aria del motore si dilegua in qualche secondo. Ecco, dovremmo essere fuori dalla nube, ora.

Ci allontaniamo da Napoli, il cielo limpido sopra il mare di nubi, che via via che ci si avvicina a Milano svaniscono in una sera decembrina. L'aereo si avvicina a terra, le Apuane li sotto spruzzate di neve, e poi la coperta patchwork dei campi arati, pronti per il riposo invernale. Tante sfumature di marrone, secondo il colore della terra, la direzione di aratura, la coltivazione di ciascun appezzamento. Un delicato mosaico di lavoro, di speranza, di vita, inghirlandato dalle ombre lunghissime dei pioppi, sdraiate sui campi.

Sera che arriva mentre l'aereo atterra su Linate. Vita che dorme nei campi, e pulsa nel traffico delle vie qui sotto, la barriera di Melegnano li sotto, con la lunga teoria di mezzi che percorrono l'autosole. Le piante spoglie, ormai, si avvicinano, solo alcune hanno macchie di colore giallo accesso ancora indosso, di una bellezza sconcertante.

Ripenso a questo volo, alla bellezza dell'addormentarsi dei campi, ora che mi ha raggiunto la notizia. Sei andata, la malattia ha vinto. Hai penato da luglio, adesso è il momento che ti riposi. E' sempre troppo presto quando arriva questo momento, ma tu ne avevi diritto, ora. Buon riposo, Loredana.