domenica 23 giugno 2013

Creuza de ma

Fra pochi giorni prenderò una boccata d'aria. Una settimana di distacco totale dal quotidiano, niente pc, poco telefono - e possibilmente non per lavoro. Non mi par vero.

Non ho un momento preciso per tirare le somme della vita, né il natale, né settembre, né il compleanno (ah, già, gli ultimi due coincidono per me). Ma le vacanze, a smozzichi anche quest'anno, quelle si che rappresentano un punto di svolta, un riferimento. Lo sono perché per me il mare, il relax, è fondamentale. Soprattutto in questi ultimi anni è il momento nel quale ho il tempo per guardare dentro me stesso senza furia, senza impazienza. L'incontro con il sole, con la sabbia, con il mare è rigenerante. Bello nuotare a lungo, andare a vedere il fondale, scoprire cosa si nasconde negli anfratti della scogliera. Bello uscire dall'acqua e addentare una pesca. Bello sentire il fresco dell'acqua che mi scivola addosso e che evapora al sole, richiamandomi ad un'altra nuotata.

Bello sarebbe vivere tutto questo più a lungo di una settimana troppo lunga e troppo breve allo stesso tempo. Bello sarebbe vedere in due le saline tingersi di rosa. Bello sarebbe passare le ore chiacchierando invece che immerso in uno dei 50 libri che mi porterò appresso (facile con l'ebook...). Bello sarebbe cenare chiacchierando, e gustando adagio adagio la serata. Ma tutto ciò succederà, prima o poi.

Per ora mi avvierò alla scaletta dell'aereo armato di pochissime cose materiali ma tante nel cuore.
Il sole mi renderà ciò che l'inverno mi ha tolto.


martedì 18 giugno 2013

Non solo i romani allagavano il colosseo

Uno dei più bei doni dell'invecchiamento è la capacità di guardare serenamente anche alle cose manifestamente strampalate. Anni fa mi sarei arrovellato - per non dir peggio - attorno a fatti o cose apparentemente di secondo piano. Oggi posso tranquillamente accettare cose esiziali, come il fatto che il mio supermercato non tenga più le caramelle all'orzo che tanto mi piacciono, oppure che donne che hanno condiviso con me momenti bellissimi non desiderino neppure parlarmi.

Però c'è sempre un ma: l'ingegnere inespresso che alberga in me non riesce a concepire come si possano pensare - prima che realizzare - certe cose.
Una di queste è la doccia. La quasi totalità degli alberghi, soprattutto quelli di una certa classe, è dotata di vasca da bagno con doccia integrata. Io francamente preferisco la doccia - l'ultimo bagno in albergo risale a parecchi mesi fa, e non è stata una gran giornata - ma capisco che la mia sia una delle opzioni possibili. Dunque, ben venga la vasca da bagno con la doccia dentro, purché sia usabile. E qui sta il problema: una buona parte delle docce integrate con la vasca da bagno degli alberghi sembra essere studiata apposta per trasformare la sala da bagno in una piscina. Ultimamente questo inconveniente si è trasformato in incubo: ovunque vada la fantasia dell'architetto si è sbizzarrita nella creazione di vasche da bagno così belle da vedersi quanto efficaci nel riversare per terra una quota parte dell'acqua erogata dal soffione.
Qualche settimana fa, una stanza con un bagno fantastico. Una vasca tonda incastonata in una piastrellatura nera. Una meraviglia per gli occhi, una delizia per una trombata memorabile un bagno in compagnia. Un bagno, appunto, non una doccia. E io, che mi fiondo sotto il getto, ammiro questa bellezza, diligentemente tirando la tenda per non bagnare. E mentre mi beo di questa meraviglia, sento come un rumore di cascatella che non è il rumore dell'acqua che esce dal soffione, no no.. Stupefatto, chiudo il rubinetto, e la cascatella continua. Nella penombra (erano le 4 del mattino, non volevo svegliarmi e mi ero fatto questa doccia alla luce della finestra non oscurata) scosto la tenda e scopro che la piastrellatura attorno alla vasca convogliava tutta l'acqua che cadeva ai lati della vasca verso il gradino che dava nella sala da bagno, e lì il ruscello gorgogliava bucolicamente litri e litri d'acqua sul pavimento, già mezzo allagato. Quindi, armato dell'asciugamano, ho cominciato a raccogliere acqua dal pavimento, strizzando nella vasca per una decina di minuti.
Il risultato è stato che, dopo questo esercizio, mi sono serenamente addormentato per la stanchezza...

Poco tempo dopo, altro viaggio, altra camera d'albergo. Arredamento ultramoderno, bellissimo. Linee tese anche nel bagno. Una vasca stupenda, lineare, con il bordo perfettamente orizzontale, bianca matt, immersa in un bagno color travertino. Un vetro classico su mezza lunghezza impedisce di schizzare a chi fa la doccia. Tutto sembra sotto controllo. Apro l'acqua, e dopo poco sento ancora il bucolico ruscello. Mi guardo attorno, e il vetro sembra sigillare perfettamente. Aguzzo la vista e finalmente noto che l'acqua, trattenuta dal vetro, cammina tranquilla sul bordo orizzontale della vasca finché il vetro finisce, e da lì, non sapendo bene dove andare, si espande sia verso la vasca che verso l'esterno. Bellissima la vasca, ma un piccolo risaltino sul bordo avrebbe convinto l'acqua a restar dentro... Ormai esperto, prendo un asciugamano e compio il mio dovere.

Finito il lavoro, guardo sconsolato. La bellezza delle forme, l'armonia dell'aspetto, non è l'unica qualità. E' necessaria anche la sostanza, la consistenza. Nelle vasche da bagno e maggiormente nella vita, soprattutto nei compagni che ci si sceglie.



giovedì 13 giugno 2013

Ordine, ordine!

Sbagliare è seccante per chiunque. A me secca ancora di più, perché oltre che con l'amor proprio ferito devo far pure conto con l'alta reputazione che ho di me stesso (per favore, i., non infierire troppo su questo punto!). Se l'errore che commetto è un errore di distrazione, mi incazzo ancor di più con me stesso. Infine, se l'errore è ripetuto, l'incazzatura va a mille.

Bene, ieri sera arrivo a casa. Pensieri per la testa, parole in bocca. L'estate che si presenta, bella, promettente di spiaggia, di sole, di sabbia, di sorrisi. E le chiavi di casa che non hanno più il posto nel paltò, e nemmeno nel soprabito. Stanno tranquille nel portaoggetti dell'auto, da dove le estraggo per aprire la porta del garage.
Sempre con i miei pensieri risalgo, le chiavi in mano, per sistemare l'auto in garage. Scendo, prendo la giacca dai sedili dietro, mi ricordo dell'ultimo di Montalbano che ho appena comprato e si trova sotto la giacca, passo dal bagagliaio per prendere la borsa del pc, chiudo l'auto con il telecomando, abbasso la saracinesca del garage e chiudo la serratura a scrocco. Riprendo la mia borsa, mi avvicino alla porta delle scale, cerco le chiavi di casa..... Porcavacca!!!! sono rimaste in auto.

Ora, ovviamente non ho un'altra chiave del garage con me. Sono chiuso fuori casa, fuori dal garage, e un po' anche fuori da me stesso. Vergogna e rabbia per essere stato così pollo da chiudere le chiavi in macchina. Ma soprattutto, incazzato nero perché è la seconda volta in un mese che mi succede!

Anche stavolta il vecchio genitore arriva ridendo sbertucciandomi con il suo duplicato. Le chiavi, anche stavolta, erano perfettamente riposte nel loro portaoggetti. Anche stavolta, risalendo in auto le avevo diligentemente rimesse a posto.....