lunedì 31 agosto 2015

Bach e le cattedrali gotiche

L'evoluzione del gusto musicale segue percorsi strani, spesso non razionalmente spiegabili. A volte strade ovvie non vengono percorse, e ci si avventura in direzioni che non hanno nulla a che vedere con i gusti attuali, con la sensibilità, con la conoscenza e la maturità accumulata fino a quel momento.
Io la chiamo curiosità, quella sana curiosità che ti porta d'istinto a cercare di conoscere prima di cuore che d'intelletto (cosa, per chi mi conosce, abbastanza distante dal mio modo di essere).

Bach, per me, è stato così fin da quando ero ragazzo. Stregato dalla Toccata e fuga in Re min. (che tutti conoscono, e che alle medie mi ero imparato nella impossibile trascrizione di Busoni), non capivo assolutamente nulla del suo contenuto. Semplicemente mi colpiva, mi stupiva quel continuo ripetere del tema la sol la fa la mi la re la do# la re la mi la fa che si incastrava in altre note apparentemente senza senso ma dal fascino irresistibile. Fu così che quando acquistai il primo lp di Bach (i concerti Brandeburghesi) mi trovai spiazzato: c'era tanto di più che non riuscivo a mettere a fuoco e che esercitava un fascino diverso, da scoprire. Poi l'incontro con il mio nuovo insegnante di piano e la scoperta di un linguaggio nuovo, che mi spalancò una conoscenza diversa. Solo allora i concerti e le altre opere di Bach cominciarono ad aprirmi pian piano i loro scrigni.

Un percorso ancora in divenire: sovente mi capita di scoprire cose nuove riascoltando brani conosciuti, semplicemente eseguiti da artisti diversi, o anche dallo stesso artista in periodi diversi. Questa multiformità che la musica di Bach assume fa parte del suo fascino, per me. Scoprire un sentore nuovo, una nota che c'è sempre stata ma che finalmente capisco nel suo contesto, assomiglia un po' all'emozione del cercatore d'oro quando trova una pepita fra la sabbia del fiume. 

Bach non è un autore da ascoltare in sottofondo, anche se si può prestare anche a questo. Ho ben presente la sabbia di Illetes, il sole, il mare di Formentera, e la partita per violino BWV 1004, risuonare come sottofondo alla lettura ed evocare le inquietudini dell'animo. Si, perché le opere per violino solo di Bach, oltre ad essere dei monumenti di complessità tecnica d'esecuzione, sono inarrivabili vette di contrappunto così come potenti catalizzatori di emozioni. Spesso dico che quando ascolto Bach vedo cattedrali gotiche; bene, nelle opere per violino solo queste strutture architettoniche si esaltano nella mia visione, in un sabba di suoni ed immagini che mi rapiscono.

Non saprei scegliere un brano: soprattutto le ultime tre opere (BWV 1004-5-6) sono una continua meraviglia (oltre ad essere state spesso utilizzate come musiche da film o da pubblicità). Forse la più rappresentativa di tutte, la più potente, è l'ultimo movimento della BWV1004, la Ciaccona. Lo stesso Bach ne ha curato la trascrizione per liuto e un'orchestrazione, e nella storia è stata trascritta per vari strumenti, tanto da diventare la stilizzazione della Ciaccona stessa. Un critico musicale vi scorge una danza di spettri, io sento l'anima espandersi, esplodere, salire alle stelle per poi tornare vorticosamente a terra. E contemporaneamente vedo lo spartito, le linee delle voci inseguirsi, la scrittura musicale così meravigliosamente complessa e chiara. Tanti possibili livelli d'ascolto, diversi da momento a momento, da persona a persona, eppure mirabilmente originati da una scrittura unica, sotto tanti aspetti miracolosa. Se Dio esiste, di sicuro ha comunicato qualcosa di arcano guidando la mano di Bach.

E' con queste premesse che ieri sera sono andato a sentire l'integrale delle opere per violino solo, ad Arona, nell'ambito delle settimane musicali di Stresa. Il violinista, Stefano Montanari, veramente bravo nella sua tecnica e ancor più nella capacità interpretativa, ha saputo tenere in continua tensione coloro che ascoltavano questi suoni misteriosi. Molto surreale l'immagine che mi resta del suo concerto: per una volta non frac o marsina, ma un violinista che sembrava avesse parcheggiato la sua Harley nel giardino di questa fantastica villa settecentesca - Villa Ponti - senza per questo stonare minimamente nel suo ruolo di fine esecutore, e di vero intellettuale. Come esempio della sua raffinatezza rimando al link della Gavotta en rondeau della partita BWV1006, meravigliosa esecuzione di queste variazioni a modo di rondeau su di un tema di gavotta. Ed infine, stupefacente anche per me che l'ho ascoltato solo ieri, questa meravigliosa interpretazione della già citata Ciaccona, che mi mostra, una volta di più, come lo stesso brano possa assumere tante facce differenti perfino se eseguito dal medesimo artista.



mercoledì 26 agosto 2015

Manina manina

L'essere single al mare offre numerose opportunità. Leggere in spiaggia senza interruzioni, andare a fare il bagno quando lo si desidera, tirare il tramonto guardando il mare dal lettino, fare gli orari che più soddisfano le proprie necessità di relax / piacere / interesse. Soprattutto lascia tanto tempo libero per osservare il paesaggio, comprendendo in questo sia quello propriamente geografico che quello antropologico.

D'accordo, io frequento spiagge che la maggior parte delle persone giudica - senza conoscerle - particolari, ossia vado in spiagge naturiste. Questa predilezione comporta di solito selezioni automatiche nel paesaggio: normalmente le spiagge naturiste sono meno sfruttate turisticamente, spesso selvagge e meravigliose (ma non è una regola ferrea), e le persone che le frequentano in generale appartengono ad un sottogruppo non rappresentativo della popolazione generale. Per il solo fatto di andarsene in giro nudi, la maggior parte fregandosene dell'età non più verde (eufemismo per dire che i cinquanta e spesso i sessanta sono già un ricordo), queste persone hanno un approccio con sé stessi e con gli altri abbastanza fuori dal comune.
Fatte tutte queste premesse, quest'anno mi sono spesso servito di una spiaggia naturista per giovani come me, il che significa una spiaggia con tutti i comfort (ombrellone, lettino, doccia, un lusso sfrenato per uno come me abituato a stendere un telo per terra, magari su di un masso), facilmente raggiungibile, ma non per questo priva di mare stupendo.

Ho quindi dato sfogo alle mie voglie di snorkeling, bordeggiando la scogliera che chiude la baia, osservando i (pochi) pesci li attorno, e l'ondeggiare ipnotico della poseidonia, che dopo un po' appare immobile mentre i massi che da essa sbucano sembrano spostarsi avanti ed indietro con il respiro della corrente. Mi sono beato di nuoto in acque tiepide, pulite, libere da meduse, moto d'acqua ed altre amenità del genere. Insomma, mi sono fatto una vacanza di mare come intendo io, come non me ne regalavo da anni.

Ma il paesaggio, come dicevo, include anche l'aspetto antropologico, e come accennato sopra, la fauna che mi si presentava apparteneva alla categoria tedesco-inglese, ultracinquantenne, serenamente sovrappeso, coppie senza figli. Ciò che mi colpiva, devo dirlo, è che la stragrande maggioranza di queste coppie sembravano fidanzatini in vacanza: mano nella mano, sorrisi beati, bagnetto insieme abbracciati, manina manina una volta sdraiati sui lettini. Poi dicono che i tedeschi non sono romantici... ma quando mai?!

In questo mio osservare un dubbio mi assaliva quotidianamente: era questa sintonia una recita, oppure uno stato di grazia dovuto al luogo, oppure era veramente una serenità di coppia così profonda che consentiva loro, ad un'età che spesso devo ancora raggiungere, di sorridere ai piaceri dell'amore legati non solo alla sfera sessuale, ma a quella più vasta del sentimento e dell'appagamento? Non ho saputo darmi una risposta, anche se dubito che una recita di questo tipo possa coinvolgere così tanti attori. Di sicuro una sensazione forte di assenza si impadroniva di me: l'assenza del piacere di sentirsi bene, si, ma soprattutto l'assenza della felicità di un rapporto così pervasivo, così pienamente soddisfacente.

Ben pochi frequentatori avevano prole al seguito (e ovviamente si trattava dei pochi che abbassavano la media dell'età); fra questi una coppia con un bambino in età prescolare, italianissimi. Mi hanno subito colpito per alcuni aspetti: erano fra i pochi italiani presenti, erano un po' più giovani (non molto peraltro) di me, e stonavano terribilmente come coppia rispetto agli altri avventori. I due si parlavano poco e nervosamente, stavano distanti. La madre mi ricordava qualcosa, ma non capivo cosa, però mi incuriosiva. Con i giorni, poi, mi sono reso conto: il bisogno di controllo, l'assenza di empatia verso il compagno ed il figlio, l'ossessione della vita basata su regole (sia essa nel fare il bagno, nel giocare, nel decidere il percorso della giornata), il colore dei capelli e le lentiggini di abbronzatura sul seno, tutto mi ricordava lo stridore fra quello che cercavo (la sintonia delle altre coppie) e la sensazione di continua sospensione disarmonica di un rapporto che non funzionava più, o forse non aveva mai funzionato veramente.

Anche quest'anno mi sono detto "l'anno prossimo non sarò solo in un posto come questo", sapendo però che non basta essere in compagnia fisica di qualcuno per sentirsi in due, per poter fare il bagno assieme abbracciati.


giovedì 6 agosto 2015

L'energia del mare

C'è una strana aria quest anno. In passato, durante queste giornate, si percepiva il friccicore della partenza imminente. "Dove vai questa volta?", "Che bello, vorrei andarci pure io, magari l'estate prossima!", "Ci vediamo a settembre".

Invece mi sembra che questa volta tutto si svolga con meno enfasi, meno emozione da sabato del villaggio. I colleghi partono alla spicciolata, quasi senza il sorriso sulle labbra che sottolinea il piacere che si sta pregustando. Gli amici, spesso con situazioni complesse da gestire dal punto di vista familiare-sentimentale, quasi si scherniscono e parlano di vacanze al risparmio. Altri amici fanno la battaglia fra costi, impegni, figli, litigi, convergendo su scelte che non faranno la felicità di nessuno, rischiando di diventare, al contrario, fonte di nuove discussioni.

I telegiornali parlano di un Luglio sopra le attese per gli albergatori, ma io ho incontrato lo stesso traffico di Giugno, e non ho avuto alcuna difficoltà a trovar posto nel weekend di due settimane fa al mare. La sensazione, invero, è che le vacanze siano sempre più complicate da organizzare, in termini economici e non solo.

Nonostante tutte le mie speranze ed i propositi degli anni passati, tornerò a fare le mie vacanze solitarie. Alla fine le preferisco a quelle con convivenze forzate, con mediazioni di diverse esigenze da fare per ogni scelta. Probabilmente, da individualista quale sono, solo una profonda sintonia può superare la necessità di assenza - vacanza appunto - che provo. Per questo le poche esperienze post adolescenziali di vacanze con amici si sono spesso rivelate un disastro: in quei quindici giorni non ho voglia di fare ciò che faccio nei rimanenti 350, cioè trovare un compromesso, un punto di equilibrio. Rare volte ho avuto la fortuna di avere amici con cui riconoscersi in sintonia durante la vacanza (l'ultima recentemente), e amici di questo tipo son veramente rari.

Quindi mi aspetta il Meltemi, sulle coste riarse di Creta. Le pinne e la maschera sono già li, la consapevolezza di essere in armonia con me stesso, anche se è un'armonia non completa, mi ripaga di vacanze trascorse in apparente compagnia ma popolate da tensioni laceranti.


lunedì 3 agosto 2015

Dopo un anno

Mi arriva una mail. Poche righe, quella importante recita "Permangono le condizioni per proseguire la sorveglianza attiva".

Chiudo la mail, e tiro un sospiro di sollievo. Gli esami fatti in autonomia, e quelli dello studio verticale effettuati in ospedale, hanno dato finalmente buoni risultati. Dopo che durante l'inverno e la primavera, fra le varie vicissitudini di salute e non, sembrava che stessi scivolando su di una brutta china, ora finalmente la situazione sembra essere tornata sotto controllo.

L'esperienza della malattia mi ha toccato non poco. Quando si vive una malattia che può diventare letale, le cose prendono un'altra prospettiva. Ti rendi conto di cosa ti aspetti dalla vita, e di cosa non ti vorresti trovare ad affrontare. Purtroppo ho sentito tanti racconti da parte di persone che, entrate nel tunnel del cancro, si rendono conto di non avere l'appoggio di coloro che sono loro vicini. A volte scoprono la loro fuga.

Io ero convinto di essere nelle condizioni ideali, con una compagna che aveva a sua volta vissuto un percorso simile, e che quindi "sapeva" bene cosa si provava in quei frangenti, conosceva le fragilità ed il bisogno di avere qualcuno accanto che condividesse i timori di quanto stava accadendo. Questa convinzione era così forte che sul momento non mi resi conto di quello che stava succedendo realmente.
E' passato più di un anno da allora. La compagna è diventata ex, fra errori reciproci. Nel lavoro di elaborazione emotiva della chiusura di questo rapporto sono emersi tanti tasselli che non avevo riconosciuto durante la relazione. Solo ora ho raggiunto la consapevolezza che è stato significativo non essere stata fisicamente al fianco del compagno malato di cancro nei momenti salienti di questa malattia, durante la biopsia o quando c'era da parlare con gli specialisti per decidere la terapia da adottare. Erano momenti fondamentali di condivisione, e non ci sono stati, con scuse di lavoro per la biopsia, e neppure quelle dopo.

Ci è voluto molto tempo per vedere le cose in modo più oggettivo. Fossi stato meno coinvolto mi sarei reso conto che tutto era già finito a quel tempo. Era così chiaro...