lunedì 18 febbraio 2013

Il signore elegante

Le persone in maschera si affollavano sulla scala del metrò. Tutti in centro. Parrucche viola, verdi, tricorni, mascherine. Bimbi e adulti con indosso qualcosa di buffo, colorato. Eppure tutti ben educati, nessuno degli scherzi di dubbio gusto che si usava fare un tempo.

Arriva il treno. Anche in carrozza ci sono persone mascherate, che intrattengono i bimbi che hanno con loro. Ma a fianco dei mascherati c'è tutta una sequenza di persone di ogni colore e nazionalità. Milano, e soprattutto la sua metropolitana, è diventata un crocevia di popoli, di razze, di lingue. Due ragazze parlano in russo fra loro, a fianco di un gruppo di ragazzi di colore che parlano una strana lingua. Una famiglia andina con un numero imprecisato di bambini tondi schiamazza rumorosamente. Osservo la scena, pensando a come la città sia così duttile, così flessibile da ospitare in tranquillità queste diversità.

Scorro lo sguardo attorno, e lo vedo salire. Un signore alto, probabilmente sui 60, 65 anni. occupa lo spazio in fondo, appoggiandosi ad uno dei pali verticali. Un soprabito come non se ne vedono più, di sartoria, un tessuto spinato grigio. Scarpe inglesi lucidissime, pantaloni gessati, un foulard di seta legato al collo, quasi come una cravatta. La sua eleganza antica stride con il carnevale della carrozza. Le mani dietro alla schiena, un mazzo di rose dal gambo corto.
Lo guardo, e immagino una storia. Lui sta andando a trovare una donna, si, lo si capisce dal mazzo di rose, rosse. Non ci si presenta da una donna senza rose. E' una storia difficile, lo sa. Benché sia un uomo che colpisce, lei è molto più giovane di lui. Lui lo sa. Sente che quello che può dare, che sa dare, che sta nella sua eleganza, nel suo parlare, nelle sue mani che disegnano arabeschi nell'aria mentre parla - quasi come un direttore d'orchestra disegna la musica di fronte ai musicisti - poco conta. Ma lui sta, dritto, appoggiato al palo del vagone del metrò, fiero nel suo soprabito corto spigato con il collo bordato di velluto. Fra poche decine di minuti la incontrerà, e non sa se quelle rose verranno accolte o guardate con distacco.

Glielo si legge in faccia: si sente un vecchio leone, ma non vuole smettere di vivere. Crede che ci sarà un tempo per lui. E mentre tutto intorno la carrozza si popola di maschere dirette in centro, lui quasi si staglia nella bellezza della sua antica eleganza.
Scendo dal metrò. Esco dal ventre della terra, torno a vedere il cielo, azzurro, del carnevale.




8 commenti:

Anonimo ha detto...

Grande Billie! e poi sta canzone me fa murì! Mirka

LaNinin ha detto...

Anche noi eravamo in centro sabato.
Al museo di storia naturale, scelta non tanto in controtendenza dato che c'erano tanti bambini, la cosa più in maschera che ho visto però, sono stati i giubbotti neri che vestivano ragazzotti rasati e attenti al comizio di FN, si sono travestiti senza rendersene conto e senza sapere che il carnevale è finito., :(

Lala ha detto...

... ecco no copio incollo la parte "non si va da una donna senza rose"... è iniziata la mia lotta ai mazzi da vedova...

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@mirka: bella eh? e fascinosa....

@ninin: ma che sfilata oscena hai visto? :D

@lala: non si va da una vedova con rose rosse, ecco.. :) Crisantemi in quel caso :D

Lala ha detto...

o fiori esselunga parzialmente morti :/

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@lala: questo eviterebbesi... :D

Anonimo ha detto...

Mi hai fatto pensare a mio nonno, che sarebbe stato così elegante, avesse avuto i soldi...
Pell

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@pellona: tuo nonno doveva essere un signore :) e son sicuro che alle rose non rinunciava.

Io sono un po' sfortunato con le rose, ecco....