mercoledì 5 ottobre 2011

Etichette

La puntata di questa sera di Passepartout su Rai5 era semplicemente geniale. Trovo che Daverio sia un dandy molto bravo a trasmettere cultura (non solo nozioni) con la leggerezza dei suoi papillons. Cerco di non perdere neppure una puntata di Passepartout, tante sono le gemme che sono distribuite durante la trasmissione.
Come dicevo, la puntata di questa sera era superlativa. Trattava di quel periodo di transizioni sovrapposte nelle tendenze artistiche che attraverso la fine del rinascimento, il manierismo per arrivare al barocco.

L'intelligenza di Daverio è quella di non fornire una risposta certa, ma di suggerire possibili risposte all'ascoltatore attento. Seguendo i suoi percorsi storici ci si rende conto sempre di più che le categorie nelle quali siamo abituati incasellare i periodi artistici sono delle sovrastrutture, spesso rozze, che usiamo per classificare e dare un significato scolastico ai fenomeni.

Classificare è una riduzione della realtà. E Daverio lo lasciava capire: rinascimento, manierismo, barocco si fondevano sia nel tempo, che nello spazio e nell'opera di ciascun artista, senza soluzione di continuità. La facile scolastica del Bernini barocco, ad esempio, veniva messa in discussione e rivista con gli occhi limpidi di chi vuole capire, e non etichettare.

In realtà io credo che i grandi artisti se ne freghino altamente di queste etichette. Loro seguono l'ispirazione, la loro ricerca, e l'interazione con il mondo intesse le loro opere. Solo cercando di capire questo tessuto si ha accesso al bello che loro volevano esprimere. E quel bello è poco incasellabile in un'etichetta per studente mediocre...


10 commenti:

Bianca 2007 ha detto...

HANDEL!
Ecco un'altro dei grandi che amo ascoltare.Coincidenza simpatica,ieri sera si faceva la prova di Resurrezione.Il tempo si è fermato.Bello perchè ora il giorno è pieno ma non pesa.Abbraccione,Bianca 2007

LA LUNA NERA ha detto...

curiosità: quelle di Rai5 sono le stesse puntate che la domenica trasmette Rai 3?
anche a me piace Daverio, anche per il modo accattivante di farsi ascoltare.
ciao!

Ilmondoatestaingiù ha detto...

Si, sono repliche anche antiche (ho visto repliche del 2001, 2002), spesso riorganizzate per tematiche.

Io credo che, oltre ad essere molto accattivante, ogni volta inserisca - nascosti come in un gioco - spunti di riflessione interessanti. Collegamenti sensati ma originali (e non per épater le bourgois come fa qualcun altro...)

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@bianca: si, Haendel (Handel per gli inglesi...). Un autore molto complesso, estremamente prolifico, banalmente etichettabile ma spesso fuori da ogni schema.

Non a caso ho scelto la passacaglia, in questa esecuzione. Chi ha un po' l'orecchio allenato avrà riconosciuto uno dei tormentoni dell'"Intervallo" di quando eravamo giovani. Un brano barocco come tematica (una danza di quei tempi, uno schema di sviluppo molto barocco) ma con dei colpi di genio che lo proiettano avanti di un secolo e mezzo, fino alle soglie del novecento. La riduzione per due violini secondo me sottolinea questo aspetto, ed è uno degli innumerevoli esempi di come la ricerca dei veri geni sia poco inquadrabile, solamente leggibile nella loro storia. Haendel, musicista nella Londra del 700, abbastanza isolata ed incolta musicalmente, era libero da molte zavorre modaiole, ed ha potuto esplorare secondo la sua ricerca interiore, scrivendo capolavori assoluti.

Potevo postare in alternativa una delle ultime sonate di Mozart, oppure di Beethoven, avrebbero detto cose analoghe, ma credo che questo Haendel sia ancora più esemplificativo....

LaPo ha detto...

daverio racconta l'arte, che é il modo più alto di esprimere la vita che ha l'uomo, dubbi compresi. si può etichettare la vita? no. sorrido.

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@lapo: io ribalterei il punto di vista. Per me Daverio racconta l'uomo attraverso l'arte, ma non solo attraverso quella.

E' un punto di vista, ma il campo sembra conservativo, per cui si arriva con percorsi diversi allo stesso punto :)

LaPo ha detto...

un manufatto, che sia un oggetto disegnato oggi da philippe stark o karim rashid o il book of kells che ha mille e duecento anni, rappresenta chi lo produce, chi lo pensa, il mondo e il modo in cui vive. non è daverio a raccontare l'arte, ma l'arte stessa, a raccontare l'uomo. e l'uomo non ha etichette, così come l'arte. dell'uno o dell'altra, non c'é nulla che si possa dichiare omologabile, altrimenti finirebbe lo stupore.

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@lapo: abbiamo fatto un po' di casino: cerco di spiegare meglio quello che intendevo.

Secondo me Daverio racconta l'uomo (non inteso nel senso di artista) perché "legge" l'arte, interpretandola con la cultura dell'artista ed intersecandola con quella dell'uomo del suo tempo, e anche dopo (si, anche dopo. Vedi quello che ho commentato sul brano di Haendel qui sopra).

E' vero che l'opera d'arte in sé contiene la visione dell'artista, ma quella visione è una parte della descrizione dell'uomo e della sua cultura. Picasso non descriverà mai compiutamente la cultura del novecento, anche se ne è una delle pietre fondanti. Accanto a Debussy ci stava Satie, e Schoenberg. Nessuno preso separatamente descrive il suo tempo, ma ciascuno ne porta una visione.

Daverio compie, secondo me, l'inserimento del percorso del singolo artista all'interno di una rappresentazione più ampia, senza tuttavia aver l'ardire di fornirne una visione conclusiva. Questo per me è parlare dell'uomo, inteso nel senso culturale.

La tua mi sembra un'ottima interpretazione dell'espressione del singolo artista, o addirittura della singola opera. E' il posizionarsi in ascolto del capolavoro, e cercare di coglierne il messaggio. Fondamentale, secondo me, ma non sufficiente.

LaPo ha detto...

non conosco l'arte come te, ma conosco un po' gli artisti, e quel che fanno è il più alto punto di meraviglioso egoismo individualista che un uomo possa avere. solo dopo il creare, il costruire l'idea, c'é il farsi accettare, il diventare famosi, il "vendere" e quindi inserirsi nel momento, nei gusti del tempo (la dama con l'ermellino piace da secoli!). è il pubblico poi (tramite daverio) che storicizza ed incasella (o la incasina?) e collega e "linka" quell'opera con quel movimento o quella scuola. ma tutto parte da un uomo solo, molto emozionato ed irrequieto. forse stiamo parlando di due cose diverse, troppo rarefatte per un provinciale come me, oppure della stessa cosa ma io son duro a capire. a proposito, il violinista seduto sembra il fratello giovane di philippe daverio. grazie della piacevole conversazione.

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@lapo: so che conosci gli artisti.. ;)

Non stiamo parlando di due cose diverse, anzi (e non ti nascondere dietro una falsa modestia, si sente che hai "dentro" la profondità artistica). Stiamo dicendo la stessa cosa, partendo da punti di vista diversi. Stiamo dicendo che le "caselle" sono semplificazioni, talvolta utili, ma riduttive. La comprensione vera arriva attraverso una lettura critica non solo dell'artista in sé, ma dell'artista calato nel suo tempo, e nei tempi.

Il violinista seduto è Itzhak Perlman. E' seduto perché è poliomielitico grave, cammina con due stampelle (un po' come Petrucciani) e ovviamente non può suonare in piedi. Io credo che sia uno dei più grandi violinisti oggi in circolazione, grandi per la straordinaria sensibilità interpretativa oltre che per la tecnica mostruosa.