mercoledì 23 settembre 2015

Arte: bellezza o apparenza?

Un'amica mi dice: "guarda che in Malpensa c'è l'orchestra della Scala. Fanno le prove per l'Elisir d'Amore". Mi informo, e scopro questa iniziativa; peccato che quella sera non possa presentarmi in aeroporto, ho appuntamento con un ex collega per un aperitivo, e non voglio paccarlo. Mi riprometto di vedere lo spettacolo in tv.

Apparentemente, dalle informazioni che raccolgo in giro, il senso di questa rappresentazione è un tentativo di affrontare in modo distruttivo il concetto di unitarietà di luogo che attraversa la struttura teatrale, e quindi operistica. Dai tempi della poetica aristotelica, e dalla sua reinterpretazione rinascimentale, l'unità di luogo nella rappresentazione teatrale da un lato è un aspetto di pulizia, dall'altro un limite nelle possibilità di sviluppare un racconto. Il cambio scena è un escamotage tecnico per proiettare il pubblico in luoghi diversi, consentendo una maggior vivibilità del racconto, ma rimane un espediente, e così non può che essere.
Dalla nascita della ripresa cinematografica e televisiva si può superare anche questo limite, portando gli attori in luoghi diversi, in scene vere, seppur riprodotte sul grande o piccolo schermo. In campo operistico c'è una nutrita serie di film che riprendono i cantanti in luoghi reali (il Don Giovanni di Losey, ad esempio, con un immenso Raimondi mattatore in voce e presenza), ma probabilmente sono alcune regie televisive italiane che risultano fra le più interessanti ricerche: vorrei ricordare la stimolante "Tosca nei luoghi e nelle ore di Tosca", probabilmente la più attraente ricerca di fruizione operistica che sfrutta le caratteristiche delle riprese cinetelevisive (regia di Patroni Griffi, ancora una volta Ruggero Raimondi e Placido Domingo a soddisfare i palati esigenti dei melomani).

Con questi presupposti in mente, e la curiosità di capire come il regista pensasse di incastrare un terminal aeroportuale nella storia dell'Elisir, ho guardato in tv la replica dell'evento. Purtroppo, a parte l'evidente alta qualità dei cantanti, il risultato mi ha molto deluso. Il trasporto della scena in aeroporto è stato un mero spostamento del palco, da un teatro ai banchi del check-in. Le riprese in luoghi diversi dell'aeroporto quasi non esistevano (a parte l'inizio al bar, con gli amici di Adina incomprensibilmente vestiti da piloti ed hostess, e qualche altra scena sempre ambientata nello stesso, per il resto tutto si svolgeva attorno ad un palco appoggiato ad uno dei pilastri della sala partenze); l'acustica dell'aeroporto è quella che è (adatta a smorzare rumori di fondo, inadatta totalmente ad un'esecuzione musicale, con echi lunghissimi che sfuggivano alla post produzione audio, molto attenta a pulire il segnale diretto ma superficiale nella gestione della sonorità ambientale).

Alla fine mi sono chiesto quale fosse lo scopo di questa rappresentazione, che ho trovato deludente: sono giunto alla convinzione che si sia trattato di uno dei tanti "eventi" di dubbia qualità che hanno costellato la vita dell'Expo milanese, a partire dall'imbarazzante concerto d'apertura in piazza Duomo.

Un'occasione persa, quindi, a mio avviso; oppure - ed è peggio - un segno dell'incertezza che regna nell'interpretare la bellezza, confondendola troppo spesso con l'apparenza.


6 commenti:

Pellegrina ha detto...

Teniamoci allora il ricordo del primo film, quello che mi ha fatto innamorare dell'opera quando l'ho visto da bambina (e pure dell'immenso credo).

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@pellegrina: immagino tu stia parlando del bellissimo Don Giovanni, che non mi stanco mai di guardare.

Pellegrina ha detto...

Nemmeno io me ne stanco, se non forse quando sono in lacrime come adesso.

Pellegrina ha detto...

... anzi, nemmeno adesso.
comunque sì, è quello, qual altro?

Ilmondoatestaingiù ha detto...

@pellegrina: mi spiace per le lacrime... che succede?

Pellegrina ha detto...

Ti ho scritto.