lunedì 11 gennaio 2016

Peperoni difficili

Abbandonata l'accidia che mi aveva attanagliato lo scorso anno, ho ripreso la mia vita culturale: concerti, teatro, mostre. Sicché qualche sera fa sono incappato in una commedia teatrale nuova: non un classico ma un testo scritto da un giovane autore, che è anche attore e regista. L'opera si intitola "Peperoni difficili", e l'autore è Rosario Lisma.

Un po' prevenuto, ma rinfrancato dalle ottime recensioni, sono andato a vedere la pièce, e ne sono rimasto colpito. Un teatro essenziale, fatto di quattro attori (difficili da sentire in quanto non amplificati, e la sala non era il massimo quanto ad acustica) ed una sola scenografia. Il teatro minimalista che può permettersi chi debutta con un'opera nuova, ma anche accordato al minimalismo della storia che si vuole raccontare. Ed in effetti la storia quasi non c'è: un paio di giorni di quattro persone comuni, apparentemente perse nella loro nullità, eppure tutte - in un modo o nell'altro - pervase dal demone della perfezione. Il prete, umile prete di paese in una povera canonica, a caccia della santità ma soprattutto del riscatto verso la perfezione incarnata - ai suoi occhi - dalla sorella. Lei, bella donna che racconta con umiltà la sua esperienza missionaria in Africa, da dove è fuggita a causa della guerra, che battaglia con la propria visione di santità che comprende il martirio dal quale è fuggita, ma esclude la fisicità del rapporto con l'altro sesso che però pervade sottilmente i suoi pensieri. Il terzo personaggio rappresenta il fallito - calciatore scarso, allenatore di squadretta di paese, mollato dalla moglie che gli nega persino di vedere il figlio - che ricerca la sua perfezione nell'accettazione degli altri, caricandosi di sensi di colpa per tutti. Il quarto è il fratello spastico dell'allenatore, intelligente, brillante, colto, un uomo di successo che ricerca la sua perfezione nel ignorare la sua malattia, imponendo anche agli altri di non menzionarla. Quattro ricerche della perfezione diverse, quattro fallimenti fintanto che ciascuno si ostina a non accettare sé stesso, il proprio limite, la propria natura. Il prete accetta di essere sé stesso senza doversi confrontare con modelli non suoi, l'allenatore accetta che la moglie abbia la sua vita e cerca di valorizzare sé stesso, il fratello spastico scende a patti con la sua malattia. L'unica che non trova una soluzione è la sorella del prete, che non transige dalle sue posizioni e, letteralmente, sparisce dalla scena dopo aver regalato a tutti una chiave per superare i propri ostacoli.

Una trama apparentemente pesante - e qui la grande arte dell'autore - resa leggera e interessante sia dalla leggerezza della recitazione che dalla capacità di scatenare un sorriso ogni trenta secondi, facendo ridere dei limiti, dei tic e dei falsi miti della vita di ciascuno.

Lo consiglio vivamente, per divertirsi e riflettere. 


Nessun commento: