Scelsi un bar per un panino. Una telefonata con un ex collega, due sms, una birretta per accompagnare un panino troppo pasticciato, ma veramente gustoso. E poi una veloce camminata nelle viuzze, via Filodrammatici, piazzetta Cuccia, il porticato del teatro. Ritirai il biglietto.
Con studiata lentezza mi gustai lo spostamento in piazza, ed entrai alla Scala. Mancava ancora molto all'inizio dello spettacolo, ma volevo godermi con calma la sala, dalla mia poltrona di platea, praticamente sotto il pianoforte. Gli spettatori arrivarono con la solita lentezza, e con abiti da gran sera. L'appuntamento, per me, era gustoso: da tempo ambivo ascoltare questo pianista, del cui Bach si parla un gran bene, e il programma della serata sembrava fatto apposta. Per questo avevo gioito di quel posto così prezioso, nel punto migliore per la sonorità alquanto discutibile della Scala.
L'accordatore del teatro armeggiava attorno allo Steinway, usando solamente il suo orecchio assoluto. Mi accorsi con stupore che riuscivo ancora a sentire le piccole devianze di accordatura, nonostante che il mio udito non sia più quello di ragazzo, quando mi facevo l'accordatura da solo.
E infine arrivò Ramin Bahrami. Infagottato nel frac da concerto, che fungeva da caricatura sul suo fisico brevilineo. Si sedette, e cominciò a stupirmi. Ottima tecnica, ma finalmente una capacità di espressione contrappuntistica cristallina, come non mi era mai capitato dal vivo in concerto. Il suo Bach era veramente splendido, note come perle, etichettate ed allineate con cura ed arte, richiami fra i temi e i ritmi, un uso moderatissimo del pedale, solo per dar volume e non per legare, evitando così l'effetto "panforte" che uccide la maggior parte delle interpretazioni bachiane che ho sentito finora dal vivo.
Bahrami non si fermava mai. Ad ogni fine brano le braccia lo trascinavano in alto, lui piccolo uomo dal lungo naso iraniano. In piedi, accanto al pianoforte, a ringraziare gli applausi di una Scala prima fredda, poi via via più convinta. La suite inglese interpretata con abilità ed intelligenza, a chiudere una prima parte troppo affaticante anche per un folletto come lui.
Breve intervallo, e poi una corta seconda parte con il concerto italiano, forse troppo marcato nella ritmica, ma con le note meravigliosamente sgranate come chicchi di melagrana.
La sera, dopo, non sembrava così fredda.
16 commenti:
ho ascoltato anni fa l'arte della fuga interpretata da Bahrami in una piccola chiesa sconsacrata... ci sono cose che non si possono assolutamente dimenticare e che io non so descrivere...
@verdeacqua: ci sono pareri discordi su Bahrami: secondo alcuni è scolastico nella sua interpretazione, per altri è sublime.
Io credo sia giovane: ha una buona tecnica che gli consente di tenere le note slegate ma portate, come si deve con Bach, e si ispira molto alle interpretazioni di Gould (ho ascoltato l'aria delle Goldberg, ed il tempo molto largo è ispirato all'ultima edizione del canadese), prendendo da lui l'attenzione alla chiarezza del contrappunto e al grosso significato del volume ritmico (addirittura troppo enfatizzato, secondo me).
Ma al di la di tutta la vivisezione tecnica, è la sensazione di "capire" che riesce a trasmetterti, portandoti nel brano.
La stessa cosa non gli è successa sui brani di Scarlatti, ad esempio. La sonata in Do, che avevo presente nell'interpretazione di Benedetti Michelangeli, non rendeva, o meglio, non aveva nessun sapore.
In fondo, non si usa il verbo gustare? :)
Ho sentito oggi la notizia al tg regionale. Se non ho capito male, era un concerto dedicato al cardinal Martini, vero?
La serata era fredda, ma che stellata, però! :)
@ninin: si, è così. Era un concerto a favore del museo diocesano, in memoria del Cardinale.
Dopo aver ascoltato Gould,i confronti sono problematici.
Ramin Bahrami ha tutto il tempo per farsi di suo.
Ciao,Mirka
@mirka: e pensare che c'è chi sostiene che Gould sia un bluff mediatico.... mah!
visto che l'unica cosa che capisco, come sai, è il panino commento sul fatto che "pasticciato" non te lo puoi permettere. a gennaio ti metto in riga.
i.
(pero' il tutto è scritto in modo affascinante. dovresti lavorarci con sta roba. non puoi fare il critico musicale anziché vendere cose che non si possono toccare ?)
@i.: ci ho pensato, ma avevo fame ed era l'unica cosa che c'era da mangiare... ho dovuto, con sommo dolore, adattarmi :D
Vendere cose che non si possono toccare?
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Sarò mica un gigolò? :D :D
non mi piace il passato remoto
anche a me non piace il passato remoto (anche perché santocielo era l'altra sera... mica sei inglese che il passato remoto inizia un minuto fa).
comunque non ho capito perché il gigolo. guarda che quelli vendono qualcosa che si tocca. credo.
@minnie: il perfetto, nomen omen... :)
@i.: hai ragione sul gigolò.. ma ciò che vende si tocca solo dopo la transazione... un po' come il software, del quale tocchi i risultati con mano solo dopo :)
(lo so, è un'arrampicata sugli specchi :D )
@pellons: ti basta un giorno a Roma e già stai in lingua? :D
Mi hai convinto :-)
@pellegrina: mi piacerebbe fosse altrettanto facile in altri ambiti :D
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